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Radio Moka - 26 aprile 2025
“Il decreto sicurezza va letto alla luce nel messaggio che lancia, cioè che il soccorso in mare non è un obbligo”. O come dire che l’omissione di soccorso, reato nel nostro ordinamento, in mare non vale. Che non vale cioè “quel principio, che è alla base del diritto del mare, delle convenzioni internazionali di Amburgo e Montego Bay che l’Italia ha sottoscritto, e perfino del comune buon senso secondo cui un’imbarcazione in caso di emergenza è obbligata a prestare aiuto”.
A parlare ai microfoni di Novaradio è Luca Casarini, 20 anni fa leader delle cosiddette “tute bianche”, l’ala dura del movimento no global, e ora tra gli attivisti di “Mediterranea”, il progetto sostenuto anche da Arci per il soccorso attivo in mare dei migranti. Tanto più grave appare questa impostazione alla luce del contesto geopolitico : “Quella di considerare la Libia e la sua guardia costiera, delle istituzioni in grado di garantire salvataggio e soccorso, cosa che non esiste, dato lo stato di guerra civile che impedisce di considerare la Libia un porto sicuro”.
“Al di là della nostra condizione specifica del soccorso in mare, invito riflettere sul senso generale, perché qui il tema è quello di saltare la magistratura” aggiunge Casarini: “Questo decreto permette al governo di fare delle cose che prima no erano permesse, come presupporre la commissioni dei reati o procedere ai sequestri senza che intervenga un accertamento, un’indagine, da parte di un giudice. Succede con i poteri di presupporre la commissione dei reati da parte del ministro dell’Interno, l’arresto in flagranza dei comandanti affidato alla polizia, con il sequestro deciso dalle Prefetture. E questo è un attacco ai principi costituzionali, perché così è il governo che decide, saltando il contro-potere della magistratura. E se il governo è anche giudice allora tutti gli oppositori politici di quel governo sono a rischio”.
>>> Clicca per ascoltare l’intervista a Luca Casarini
Rimane il fatto che gli effetti immediati del decreto si avranno sulle attività di salvataggio in mare. “Quando magari in futuro torneremo in mare, e opereremo dei salvataggi – spiega Casarini – accadrà la cosa pazzesca, che noi porteremo davanti alla Corte Costituzionale, che pur battendo bandiera italiano non potremo approdare in Italia”.
Una prospettiva che però non cambia la mission di Mediterranea: la nave Mar Jonio, fermata più volte dalla autorità italiane, è stata dissequestrata dalla magistratura due giorni fa e si appresta a per lasciare il porto di Licata: “Torneremo in mare nei prossimi giorni – annuncia Casarini – anche per dare un messaggio a questo paese che bisogna continuare nella battaglia per il rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali, anche se un governo pro tempore o un viceministro no sono d’accordo. Non possiamo stare fermi di fronte a questa strage, e sappiamo che il vero problema non sono i naufragi ma il fatto che non c’è una possibilità di ingresso legale in Europa e soprattutto un possibilità di una fuga, in assenza di una gestione e dell’apertura di canali umanitari di evacuazione”.
E la battaglia per i diritti umani prosegue anche sul fronte giudiziario, con la citazione del governo e del ministro Salvini (oltreché dell’ex ministro Minniti) al Tribunale internazionale dell’Aja: “Accusiamo di crimini contro l’umanità chi si rende protagonista di deportazioni di massa, che indirizza i migranti verso lager libici, che impedisce i salvataggi e poi lascia morire la gente in mare”. “Insomma – conclude Casarin – non finisce qui”.
Scritto da: Redazione Novaradio
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