Inchiesta Tav, chiesta l’archiviazione per Incalza e Perotti
FIRENZE – Insufficienti le prove sulle ipotesi di corruzione, turbativa e frode sulle Grandi Opere della Tav, tra cui la linea Firenze-Bologna e il sottoattraversamento di Firenze.
E così è stata la stessa procura di Firenze, che nel 2015 aprì l’inchiesta, a chiedere l’archiviazione per il supermanager del Ministero delle Infrastrutture Ercole Incalza delle accuse di ssociazione a delinquere per corruzione.
Le accuse di alleggeriscono anche per l’imprenditore Stefano Perotti, considerato il “re degli appalti per la tav”, la cui vicinanza a Maurizio Lupi costrinse l’allora ministro alle dimissioni. In tutto a beneficiare delle richieste di archiviazione sono 23 persone delle 51 indagate.
Per l’ingegner Perotti, è stata archiviata l’accusa di corruzione per il tunnel Tav sotto Firenze, l’altra per i lavori Tav Firenze-Bologna: i pm ipotizzavano che Incalza avrebbe agevolato i ‘general contractor’ nel primo caso Nodavia, nel secondo Cavet, per poi condizionarli nell’assegnare incarichi a società di Perotti. Impossibile accertare anche l’accusa di inadempimento contrattuale nella direzione lavori al tunnel Tav di Firenze che riguarda la società di perottti “Dilan.Fi”, definita uno ‘stipendificio’ nelle intercettazioni: la società avrebbe infatti a sua volta subito danni dai ritardi dei lavori di Nodavia, che le aveva affidato opere per 21,7 milioni. Archiviata anche la posizione della moglie di Perotti, Christine Mor: non riciclò 2,7 milioni dalla Svizzera a un suo conto: era denaro da una vendita immobiliare.
L’inchiesta comunque rimane in piedi, a vario titolo, su tutti gli altri capitoli. Una parte resta a Firenze, altri stralci sono stati inviati ai pm di Milano, Brescia e Roma. Ancora sotto la lente presunti illeciti relativi a lavori Tav fra Brescia e Verona e sul valico di Giovi della Genova-Milano, all’autostrada in Libia Eas Eidyer-Emssad, alla Salerno-Reggio Calabria e al porto di Olbia, e perfino a una consulenza con Eni.