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Naufragio Concordia, si aprono le porte del carcere per Schettino

today12/05/2017

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ROMA – “Busso al carcere perché credo nella giustizia”: con queste parole Francesco Schettino, ex comandante della Costa Concordia, si è presentato al carcere romano di Rebibbia per consegnarsi alla giustizia dopo la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, che ha confermato in via definitiva la condanna a 16 anni di reclusione già emessa nei due precedenti gradi di giudizio per le responsabilità di colui che era al comando della nave quel 12 gennaio 2012 e che una scellerata manovra di “inchinò” portò ad un disastro che costò la vita a 32 vite umane.
La decisione della suprema corte manda il processo “in giudicato” e rappresenta la scriuttura di una una prima definitiva pagina sul naufragio. “Si è chiuso un capitolo importante di questa tragica vicenda: peccato che sia solo Schettino ad entrare in carcere” ha detto  l’avvocato Massimiliano Gabrielli, del comitato ‘giustizia per la Concordia’, che ha difeso alcune vittime.
Schettino è infatti l’unico imputato andato a processo, dopo che nelle fasi preliminari gli altri ufficiali e sottoufficiali indagati nel processo penale hanno patteggiato, così come i vertici della società Costa, la quale ha già sborsato oltre 80 milioni di euro di risrcimento a molte centinaia di passeggeri e loro familiari (a bordo quella notte c’erano oltre 4.000 persone)
La battaglia non è ancora finita, secondo i difensori del comandante, che annunciano un ricorso alla corte di giustizia dell’Unione Europea. “Aspettiamo le motivazioni della Cassazione ma ritengo che nel processo a Schettino ci siano state una serie di violazioni dei diritti di difesa e faremo ricorso a Strasburgo”, ha annunciato il legale di Schettino, Saverio Senese.
Dal Giglio, il sindaco Sergio Ortelli ha ricordato che per l’isola e i suoi abitanti “rimane l’amarezza per la strada ancora in salita per il riconoscimento dei danni subiti e delle somme anticipate durante l’emergenza: 568mila euro che Costa non ci vuole riconoscere”.
‘No comment’ da Gregorio De Falco, l’ufficiale della capitaneria di porto di Livorno che guidò i soccorsi e invano ordinò a Schettino di risalire a bordo in una telefonata diventata virale a livello planetario e che risollevò il senso dell’onore dei marinai italiani travolto dall’abbandono della nave da parte di Schettino.

Scritto da: Redazione Novaradio


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