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Morti all’ospedale di Piombino, assolta in appello l’infermiera Fausta Bonino

today24/01/2022

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FIRENZE  – Dall’ergastolo all’assoluzione dall’accusa di omicidio plurimo volontario di una decina di pazienti: la corte di appello di Firenze ha completamente ribaltato la sentenza con cui il tribunale di Livorno condannò Fausta Bonino, l’infermiera dell’ospedale di Piombino imputata di aver causato la morte di quei degenti tramite somministrazioni di eparina. Oggi la corte, dopo tre ore di camera di consiglio, l’ha assolta “per non aver commesso il fatto”.

In primo grado, Fausta Bonino era stata ritenuta colpevole per quattro dei dieci decessi in corsia contestati. La corte di appello gli ha inflitto solo la condanna a un anno e sei mesi, pena sospesa, per ricettazione dato che gli erano stati trovati in casa alcuni medicinali.

L’arresto risale al marzo del 2016. L’infermiera, oggi 58enne, era presente in aula accompagnata dai familiari. Alla lettura del dispositivo è scoppiata in lacrime: “Ancora non ci credo”, ha detto uscendo dal palazzo di giustizia di Firenze. “Mi hanno accusata – ha affermato – per menzogne dette da qualcuno, contro di me non c’era altro che queste menzogne”.

La donna fu subito sospettata di aver provocato la morte di 14 pazienti, ricoverati nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Piombino dove lei era assegnata. Nel corso delle indagini poi i casi considerati si erano ridotti a dieci. Per l’accusa i decessi, avvenuti tra il 2014 e il 2015, sarebbero stati provocati da emorragie improvvise dovute alla somministrazione di extra-dosi di eparina, anticoagulante che addirittura non risultava neppure prescritto per alcuni dei deceduti. Chi lo somministrò voleva di sicuro causare la loro morte, ma adesso la corte di aPpello esclude che l’assassino in corsia fosse Fausta Bonino.

Per il difensore, avvocato Vinicio Nardo, fondamentali per l’assoluzione sarebbero state le deposizioni di quattro testimoni – tra medici e infermieri dell’ospedale – che a suo tempo affermarono come l’ingresso al reparto fosse di fatto libero, cioè non limitato solo ai sanitari, peraltro muniti di badge di riconoscimento. I professionisti erano già stati sentiti anni fa in un processo civile a Livorno per il risarcimento del danno, ma non erano stati inclusi nella lista dei testi del processo penale di primo grado. Ma nel dicembre 2021, su istanza delle difesa di Fausta Bonino, sono stati chiamati a testimoniare nel processo di appello. Il loro racconto avrebbe dimostrato che nel reparto si poteva entrare anche senza badge, da una porta secondaria e anche da una terza porta, dotata di apertura solo dall’interno ma che veniva lasciata spesso aperta.

Scritto da: Redazione Novaradio


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