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“Non solo turismo ed esportazioni, per ripartire la Toscana ha bisogno dell’industria. E di minor dipendenza energetica” – ASCOLTA

today09/09/2025

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    Stefano Casini Benvenuti 9 settembre 2025

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FIRENZE – In Toscana bisogna “rimettere l’industria al centro delle riflessioni, cosa che non è stata fatta per parecchio tempo sia a livello nazionale che a livello regionale”, pena “una lenta agonia”. Lo ha affermato Marco Buti, economista titolare della cattedra Tommaso Padoa Schioppa dell’Istituto Universitario europeo di Fiesole, che insieme agli economisti Stefano Casini Benvenuti e Alessandro Petretto ha presentato oggi a Firenze il ‘Manifesto per la reindustrializzazione della Toscana’. “Noi abbiamo qua in Toscana una crescita estensiva, con alta occupazione, bassa produttività e bassi salari – ha spiegato -. Bisogna mettere in campo una serie di politiche dal punto di vista dell’istruzione, della formazione, dell’orientamento, e del risparmio per convogliare le risorse, i fattori di produzione, capitale e lavoro su attività che sono a più alto rendimento ma anche a più alto rischio. Questa è la priorità: metterla al centro, orientare il dibattito anche in campagna elettorale in Toscana così come nelle altre regioni che vanno al voto, credo sia la cosa da fare adesso”. Il manifesto, ha sottolineato Buti, “dà il perimetro, ma l’area deve essere disegnata e riempita dalle proposte delle associazioni degli imprenditori, dei sindacati, delle forze sociali. I corpi intermedi, il cui ruolo è assolutamente fondamentale per la tenuta del tessuto sociale, devono prendere l’iniziativa e anche, in qualche modo, imporre alla politica le proprie priorità”.

Quello che “ingessa” la Toscana è il triangolo di ferro causato da alta propensione alle esportazioni, dipendenza dai mercati esteri, investimenti troppo concentrati in settori con bassa produttività – e quindi bassi salari – come ad esempio il turismo e altri settori sostenuti dalla rendita immobiliare, spiega a Novaradio Stefano Casini, ex direttore Irpet, l’Istituto per la programmazione economica della Toscana. Una “trappola” da cui si può e si deve uscire con politiche che puntino ad una maggior indipendenza dell’economia regionale: sia sul fronte dell’export, con la spesso rammentata ricerca di “nuovi mercati di sbocco”, ma anche sul fronte dell’import : “Il primo settore è quello dell’energia – dice Casini – ma c’è anche quello di altre risorse naturali come il legno, o dei prodotti agricoli di base“. Altro settore su cui si deve intervenire maggiormente è quello dell’ “economia circolare”, ovvero aumentare riciclo e riuso per diminuire i rifiuti e i costi di smaltimento.

Sopra tutto, però, e in via generale, c’è il tema dell’aumento degli investimenti sulle componenti manifatturiere e industriali ad alto tasso tecnologico e alta produttività. Ma perché in Toscana è tanto facile attirare capitali per costruire alberghi, studentati e resort e non per costruire fabbriche? E’ anche una questione di come la Toscana si presenta, dice Casini: “L’investitore straniero che immagine ha della Toscana? La Toscana si identifica nell’immaginario collettivo del mondo come una regione turistica, bella, artistica. Non viene in mente che si può guadagnare con un’impresa meccanica”. Bisogna quindi comunicarlo meglio, è un lavoro da fare”.

Non secondaria la componente degli investimenti che devono far da volano all’industria. Pubblici o privati? E quale il possibile ruolo delle banche, soprattutto oggi che una banca toscana come MPS ha preso il controllo della più importante banca di investimento italiana, oppure Mps è destinata ad abbandonare sempre più la Toscana? “La Toscana può trarne vantaggio, anche se una parte sta volando sopra la Toscana  – dice Casini –  ma anche la parte di altre banche, è proprio il mondo del credito che cambia. Noi abbiamo bisogno di finanziamenti legati agli investimenti, non è tanto il credito bancario l’elemento che caratterizza il nostro sistema produttivo. Servono forti investimenti e un rilancio dell’economia” Insomma, banche che  finanziano impresa vera e non la rendita.

Scritto da: Redazione Novaradio