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Monica Stelloni, segreteria Cgil Toscana – 10 dicembre 2025
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CALENZANO (FI) – “Nessuno sa del tuo valore, nessuno sa della vita, per me meravigliosa, con te. Il 9 dicembre del 2024 alle ore 10:21:51 secondi, tutto si è sgretolato”. Lo ha detto Tamara Franchini, vedova di Carmelo Corso, uno dei cinque lavoratori morti un anno fa nell’esplosione al deposito Eni di Calenzano (Firenze). La donna, con la voce rotta, ha parlato all’inaugurazione del memoriale dedicato alle vittime della strage, in occasione del primo anniversario dell’esplosione. Assieme a Corso, un anno fa, persero al vita anche Davide Baronti, Franco Cirelli, Vincenzo Martinelli e Gerardo Pepe. In loro memoria è stato dedicato un cippo realizzato dal Comune su proposta dell’Anmil (Associazione lavoratori mutilati e invalidi del lavoro).
Alla cerimonia hanno preso parte oltre un centinaio di persone: in prima fila, accanto ai familiari delle vittime, il sindaco di Calenzano Giuseppe Carovani, la sindaca metropolitana Sara Funaro e il presidente della Toscana Eugenio Giani.
Una strage che, ha sottolineato il presidente nazionale Anmil Antonio Di Bella, “non rientra nel regime dell’inevitabile, ma nella piena responsabilità di un metodo disordinato e criminale. La frammentazione degli organi ispettivi e di vigilanza che vige nel nostro sistema attuale deve essere oggetto immediato di revisione da parte delle istituzioni”.
“Quello che accade tutti i giorni nel lavoro e che è accaduto a Calenzano è che le condizioni di lavoro vengono messe in contrapposizione con il profitto” è la riflessione di Monica Stelloni, responsabile sicurezza per la segreteria Cgil Toscana: “Cosa significava lì scegliere di fermare le pompe, e quindi far fare l’intervento di manutenzione? La procura ci dice che significava rinunciare a €255.000 di guadagno. Ecco, dobbiamo lavorare sempre perché ci sia invece una scelta di fondo di dare valore alla sicurezza sul lavoro”.
Eppure i dati dicono che non è una priorità: nei primi 10 mesi del 2025 le morti sul lavoro sono state 896, sei in più dell’anno precedente. Per Stelloni non è un caso: “Le condizioni di lavoro delle persone sono sempre più precarie e sono sempre più ricattabili” dice: “La cultura della sicurezza nasce quando un lavoratore riconosce in un gesto quotidiano che fa il valore della propria incolumità e di quella dei colleghi. Ma se il lavoro è sempre più frammentato, sempre meno pagato, sempre spinto solamente ad essere usato senza e il lavoratore che va lì è costretto ad essere un pezzetto di un ingranaggio, non non ce la fa a rimettere insieme questo quadro così complesso”.
C’è poi il tema della scarsità dei controlli, anche per le carenze di organici degli enti preposti: mentre “il governo prende risorse da dentro l’Inail e presentarle come nuove” dice Stelloni, le amministrazioni svolgono i loro compiti “con una carenza costante di personale e di vigilanza, che quindi non può fare i controlli”
Nei giorni scorsi per l’area che è stata teatro della strage è stato annunciato un futuro come hub delle energie rinnovabili capace di dare energia a 10.000 famiglie, e una riqualificazione su cui Eni investirà 6,5 milioni. Come far sì che non sia la foglia di fico dietro cui nascondere le carenze? “Facendone non solo un caso isolato – risponde Stelloni – non solo un punto nella piana, ma un nuovo modello per l’energia, per l’ambiente, ma soprattutto per le persone che ci vivono e lavorano: se noi avremo un luogo meraviglioso, ma poi il lavoro continuerà ad essere quello con gli appalti, subappalti e con la carenza di controlli nella filiera, è chiaro che non avremmo risolto”.
Scritto da: Redazione Novaradio
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