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Sollicciano, detenuta incinta perde il bambino. L’Altrodiritto: “Dimagrita di 10 chili, aveva chiesto trasferimento a fine gennaio” – ASCOLTA

today11/03/2024

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    Emilio Santoro, pres. associazione L’Altrodiritto, 11 marzo 2024

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FIRENZE – Nuova bufera sul carcere fiorentino di Sollicciano, dopo la notizia che nei giorni scorsi una reclusa, incinta di 4 mesi, ha perso il bambino che portava in grembo. Il caso, seguito e segnalato dall’associazione L’altrodiritto, è stato segnalato alla procura con un esposto in Procura. Numerosi i punti da chiarire, dalle condizioni di detenzione patite in questi mesi dalla detenuta, una 26enne di origini tunisine, all’assistenza sanitaria ricevuta, alla gestione del caso da parte del magistrato di sorveglianza.

“Il primo paradosso sta nel nostro sistema penale, che proibisce che una donna incinta condannata sconti la pena in carcere, mentre permette la carcerazione cautelare e preventiva” segnala Emilio Santoro, che aggiunge particolari allarmanti: “A quanto sappiamo, la giovane è stata inserita nel percorso di assistenza sanitaria per le donne incinte, ma non è stato possibile trasferirla fuori dal carcere per complicazioni relative alla residenza”. Costretta a rimanere in cella la donna non ha potuto alimentarsi correttamente: innanzitutto perché, pur avendone diritto in quanto musulmana, non ha avuto a disposizione cibo ‘halal’: “Il sopravvitto è garantito a pagamento solo nelle sezioni maschili, ma è assente in quelle femminili, cosa che per noi è un discriminazione religiosa e sessuale” dice Santoro. Essendo in condizioni di grave indigenza economica, non ha neppure potuto permettersi di bere acqua in bottiglia: “Nei mesi di gravidanza ha perso 10 chili di peso”. Quando la situazione è apparsa nella sua gravità, è stato fatta richiesta di un trasferimento urgente: “La Pec inviata a fine gennaio ha impiegato 15 giorni per arrivare sul tavolo del Magistrato, e tutt’ora non è stata esaminata” denuncia Santoro, evidenziando l’ennesimo paradosso: quella procedura di urgenza (il cosiddetto “articolo 35”) è stata introdotta nell’ordinamento penitenziario proprio in risposta alla condanna dell’Italia da parte della Corte Europea per violazione dei diritti umani in carcere: “Inaccettabile che dopo un mese e mezzo la mail non sia arrivata la Magistrato, queste sono cose che devono viaggiare in 48 ore, e in 48 ore deve arrivare la risposta”.

Scritto da: Redazione Novaradio


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