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Il rap come strumento di educazione nell’ambito della giustiza minorile, “medium eccezionalmente democratico e accessibile” – ASCOLTA

today30/05/2025

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    Giuseppe Fanfani, garante dei detenuti della Toscana

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    Kento, rapper e operatore in carcere

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    Andrea Antonini, Cat cooperativa sociale

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FIRENZE – “L’esperienza del rap all’interno del carcere ha due caratteristiche positive. La prima è che la musica fa parte storicamente dell’animo umano e quindi fa sentire i detenuti molto più vicini alla società di quanto non riesca il carcere ad allontanarli. In secondo luogo il rap è la musica parlata che, aiutata da esperti, come sono coloro che operano all’interno del carcere, riesce a fare esprimere nel tutti quei sentimenti che, soprattutto per i ragazzi, costituiscono uno stralcio narrato della propria esperienza. E su questo riescono a costruire anche un benessere spirituale, morale e un pizzico di futuro”. Così il garante dei detenuti della Toscana Giuseppe Fanfani a margine del convegno ‘Freestyle, la parola che libera. Rap, educazione e giustizia minorile: esperienze a confronto’, a Firenze, dove è stata illustrata, fra le altre, l’esperienza della cooperativa sociale Cat dei laboratori rap negli istituti penitenziari.

“Credo che la pandemia non abbia fatto gran bene ai ragazzi, penso che si siano persi molti ambiti di comunicazione fisica nei confronti di quella virtuale. Lo trovo preoccupante, ma è solo un esempio di un malessere crescente”. A dirlo è Kento, il noto rapper oggi a Firenze per partecipare al convegno ‘Freestyle, la parola che libera. Rap, educazione e giustizia minorile: esperienze a confronto’. “Ieri, quando entravo in un carcere minorile, mi chiedevano quanti ascolti facevo su Spotify, oggi quante persone mi seguono su Instagram”. L’artista da oltre 15 anni tiene laboratori di scrittura negli istituti penitenziari minorili, oltre che in comunità, scuole, e università.

“L’esperienza all’interno delle carceri è quella che mi ha segnato di più. La situazione in questi istituti è peggiorata dopo gli ultimi provvedimenti legislativi ed è sotto gli occhi di tutti. Per questo – aggiunge – è importante agire con questi ragazzi, lavorare e parlare con loro, ma soprattutto ascoltare quello che hanno da dire”. E da questo punto di vista, spiega ancora Kento, il rap “è uno strumento particolarmente democratico e particolarmente adatto anche a chi non ha un’alfabetizzazione sia linguistica che musicale di altissimo livello. Se io dovessi fare un laboratorio di musica rock in carcere dovrei portare gli strumenti, collegarli, accordarli, ci vuole chi sa cantare, chi sa suonare e magari pure chi sa leggere la musica. Mentre col rap non è così”.
“Mi capita anche abbastanza spesso di far fare rap a ragazzi che sono completamente analfabeti, eppure fanno rap come delle frecce, perché tutto quello che ti serve è il cervello e la bocca che funzionano. Da questo punto di vista – conclude – è un medium eccezionalmente democratico ed eccezionalmente accessibile”.

Scritto da: Redazione Novaradio