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“Operare sotto le bombe, tra impegno e senso di impotenza”. I racconti dei medici a Gaza oggi in un incontro a Torregalli – ASCOLTA

today24/09/2025

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    Filippo Pelagatti,medico anestesitsa AUO Careggi, 24 settembre 2025

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FIRENZE – L’orrore della guerra a Gaza e le sue conseguenze sulla popolazione civile negli occhi e nella memoria di chi  ha deciso di prestare aiuto medico sanitario direttamente sul campo, persino sotto le bombe che non hanno risparmiato neppure gli ospedali della Striscia.

Sarà proprio il racconto di alcuni medici e sanitari che nei mesi scorsi hanno operato all’interno delle strutture ospedaliere di Gaza al centro dell’incontro dal “Curare Gaza – Il lavoro sanitario nei territori occupati tra Cisgiordania e Gaza” organizzato dalla FP Cgil e in programma oggi pomeriggio a Firenze, all’interno dell’ospedale San Giovanni di Dio – Torregalli (dalle 15, sala Muntoni). Tra gli ospiti ci saranno infermiera della ustanacentro Lorenzo Mirabile medico e rappresentante di PCRF Italia e Filippo Pelagatti medico di Careggi, che dal 25 febbraio al 20 aprile scorsi ha prestato servizio all’ospedale Nasser di Khan Yunis, nel sud della Striscia, come anestesista in sala operatoria, curando le decine di persone donne, uomini e bambini che ogni giorno venivano ricoverate per le ferite causate dai bombardamenti. L’ospedale Nasser è lo stesso dove, il 25 agosto scorso, un doppio bombardamento di droni ha ucciso 20 persone, tra cui 5 giornalisti accordi a documentare il fatto.

“Inizialmente, appunto, essendoci in vigore fase 1 della tregua, avevamo iniziato a portare a termine interventi ‘di elezione’ – racconta Pelagatti a Novaradio –  le revisioni di tutti gli interventi che erano stati fatti durante durante i bombardamenti, quindi ultimare interventi che erano stati salvavita ma che erano lasciati a metà, come ad esempio fratture complesse con fissori esterni che poi dopo andavano rimossi, per esempio. Quando sono iniziati i bombardamenti (a metà marzo, ndr) è tornata a essere quella che è una vera e propria chirurgia di guerra: persone vittime di esplosioni e principalmente, ma anche di ehm colpi d’arma da fuoco e colpi di droni.

Un’opera di assistenza che è proseguita anche quando, il 25 marzo, lo stesso ospedale è stato colpito dalle bombe israeliane: “Eravamo lì quando erano circa le 9:00 9:30 di sera, ed è stata colpita la facciata dell’ospedale da un drone esplosivo mentre noi appunto eravamo dentro: per fortuna in un’altra ala dell’ospedale, ma è stato colpito direttamente l’ospedale”. Cosa si pensa in quelle situazioni? “Si pensa a lavorare, nel senso che si il lavoro è tanto, non manca e quindi si è abbastanza concentrati su questo”. “Quello che rimane alla fine –  aggiunge – è un grande senso di impotenza, perché a fronte di tutto l’impegno che ci si può mettere, i numeri di delle persone che si riesce a salvare in queste condizioni è estremamente esiguo rispetto al numero di coinvolti che ci sono in questo tipo di attacchi.

Tornerebbe a Gaza? “Risponderei oggi stesso – risponde Pelagatti – ma la verità è che che conterei ben poco se non se non si interrompono i bombardamenti, se non si interrompe questo assedio, perché la capacità che si ha di curare è estremamente estremamente bassa”. “Mancano tanti standard di sicurezza che per noi sono sono minimi e basta pensare che all’interno della sala operatoria ci sono un sacco di di attrezzature che sono musei getta che necessitano un approvvigionamento continuo, me il blocco degli aiuti ha fortemente inficiato la presenza di questi dispositivi, per cui la possibilità di contrarre un’infezione altissima. A fronte di questo mancano gli antibiotici all’interno della Striscia: mancano mancano da da mesi, se non da più di un anno, e nella cura postoperatoria di un grave politraumatizzato sono fondamentali e spesso ne inficiano negativamente la la prognosi a lungo termine. Quindi la risposta è sì, ci tornerei anche subito, ma ci vuole ci vuole grande sforzo anche da qui a fare pressione affinché si smetta il bombardamento su Gaza“.

Scritto da: Redazione Novaradio