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App “Immuni”, il diavolo sta nei dettagli – ASCOLTA

today20/04/2020

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FIRENZE – Per la app “Immuni”, scelta nei giorni scorsi dal governo come sistema di contact tracing per monitorare la diffusione del contagio nella fase 2 e intervenire nel caso di riaccendersi di focolai “è stato già firmato il contratto così che possa accelerare nel più breve tempo possibile”. Lo ha detto stamani il ministro della Salute Roberto Speranza, spiegando che la app potrà essere utile  non solo durante l’emergenza virus ma anche per rafforzare la sanità digitale del nostro Paese.

Nel frattempo ieri il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) tramite presidente Raffaele Volpi ha detto che approfondirà alcune questioni ritenendo – spiega Volpi – che si tratti di materia afferente alla sicurezza nazionale”. La app, progettata da Bending Spoons e Centro medico Santagostino, non è infatti ancora neppure stata presentata che ha sollevato un grande dibattito e molte perplessità di natura politica, giuridica e costituzionale.

A quanto si è appreso, la app si compone di due parti: un sistema per memorizzare tutti i contatti “stretti” (distanza ravvicinata) con altri smartphone via bluetooth, e una sorta di “diario sanitario”. Dal governo è stata esclusa ogni geolocalizzazione, e l’adesione sarebbe volontaria. Il recupero della lista dei contatti da avvertire nel caso una persona dovesse risultare positiva al coronavirus, avverrebbe tramite una “chiave” in possesso dei medici, che sbloccherebbe i dati.

In realtà l’esatto funzionamento della app ancor non è stato spiegato. “Eppure è proprio dalle informazioni di dettaglio sul funzionamento tecnico del software e sui limiti che fin dall’inizio gli verranno imposti che possiamo capire le potenzialità del sistema e gli eventuali rischi per i nostri diritti connessi al suo uso” segnala Gianmarco Gori, ricercatore all’Università di Firenze ed esperto di diritti e tecnologia.

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    App “Immuni”, il diavolo sta nei dettagli – ASCOLTA Redazione Novaradio

Tra questi il grado di centralizzazione nella gestione dei dati, il luogo di conservazione (nello smartphone o in un server centrale), i soggetti che ne potranno fare uso e per quali finalità. Tutte questioni che dovrebbero essere oggetto di una valutazione di impatto e di un esame del Garante della privacy, prevista dalla norme in vigore – spiega Gori – e che data la portata della decisione sarebbe opportuno rendere il più possibile pubblico e trasparente. Anche perché non per forza, come spesso si racconta, diritto alla salute e privacy sono diritti antitetici“.

>>> Clicca per ascoltare l’intervista integrale a Gianmarco Gori, Università Firenze

Decisivo anche l’effettivo grado di volontarietà connesso al suo uso: per molti degli immunologi ed esperti medici infatti l’app avrà un reale impatto solo se la useranno tutti (o quasi) e che il suo utilizzo non venga solo demandato alla volontarietà del singolo cittadino. Ne è convinto ad esempio il virologo Fabrizio Pregliasco, che si appella alla “responsabilità” di ciascun cittadino nella difesa della salute di tutti.

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Scritto da: Redazione Novaradio


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