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Strage Georgofili, 32 anni dopo. I familiari delle vittime: “Continuare a cercare la verità, Dell’Utri va processato” – ASCOLTA

today27/05/2025

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    Daniele Gabbrielli, vicepres. Associazione familiari vittime strage Georgofili, 27 maggio 2025

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    Sara Funaro su strage Georgofili 20250527

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    Eugenio Giani su strage georgofili 27052025

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FIRENZE – Era l’1.04 della notte tra il 26 e il 27 maggio 1993 quando un boato squarciò il silenzio, svegliando mezza città. Bastarono poche ora per capire che l’esplosione fortissima che sventrato la Torre del Pulci, sede dell’accademia dei Georgofili, non era causata dallo scoppio di una caldaia ma da un’autobomba zeppa di tritolo: fu l’inizio della serie di attentati di matrice mafiosa “sul continente” che insanguinarono anche Roma e Milano. Le vittime furono cinque: l’intera famiglia Nencioni (il padre Fabrizio, la moglie Angela Fiume, le figlie Nadia di 9 anni e Caterina di soli 50 giorni, e uno studente universitario di 22 anni, Dario Capolicchio. A distanza di 32 anni, e molti processi, di quella strage sono stati individuati e condannati gli autori materiali e i mandanti – i componenti della cupola mafiosa di allora – ma non il cosiddetto “terzo livello”, quello delle coperture, delle complicità, e delle connivenze politiche.

“Non si chiudano le indagini, si continui a cercare verità e giustizia” è l’appello lanciato dai familiari delle vittime. A Firenze l’inchiesta sulla strage è ancora aperta, e alcune piste vengono tuttora sondate. Altri fascicoli – come ad esempio quello che portava al coinvolgimento nella strage del terrorista nero Giovanni Bellini, già condannato per la strage alla stazione di Bologna del 1980 – sono stati invece chiussi. “La mafia non poteva fare tutto da solo, la presenza di complicità in certi pezzi dello Stato è dimostrata dalle carte processuali” dice stamani a Novaradio Daniele Gabbrielli, vicepresidente dell’Associazione familiari vittime della strage: “La Procura prosegua le indagini, e chieda il rinvio a giudizio per Marcello Dell’Utri. Come dimostra proprio la strage di Bologna, anche a distanza di anni la verità può sempre venire fuori. E’ necessario perseguirla, non per spirito di vendetta, ma perché quei fatti non abbiano a succedere ancora”.

Stanotte la strage è stata ricordata con la commemorazione alle 1.04 in via Georgofili, ma anche oggi numerose sono le iniziative di ricordo e riflessione. Nella sede della Regione Toscana stamani si è tenuta la tavola rotonda ‘Dal maxi processo alle stragi di mafia del 1992-1993’, cui hanno preso parte tra gli altri la sindaca di Firenze, Sara Funaro, e il governatore Eugenio Giani.

Per contrastare le mafie “come istituzioni noi dobbiamo continuare a lavorare in due direzioni, perché sappiamo benissimo che il tema delle infiltrazioni è un tema molto delicato” ha detto Funaro: “Lavorare come istituzioni tutte insieme – ha detto Funaro – per far prevalere la legalità sui nostri territori, e soprattutto dobbiamo lavorare alla sensibilizzazione con i ragazzi. Se i ragazzi nella loro quotidianità hanno la sensibilità per riuscire a percepire dove ci sono segnali di pericolo e riuscire a alzare la mano e dare l’allarme, questo è un risultato importante”.

“La memoria significa cultura della trasmissione dei valori e di ciò che è accaduto ai giovani – ha detto Giani – perché possano essere protagonisti di un futuro in cui hanno presente gli anticorpi di quel che la criminalità organizzata rappresenta: il nemico del nostro vivere civile. Lo abbiamo visto 32 anni fa quando la morte è piombata su Firenze”, e “tutto questo ha segnato un solco: da quel momento ci si è resi conto di quello che sarebbe stato il fenomeno dell’infliltrazione” mafiosa.

Scritto da: Redazione Novaradio